La Storia

Palazzo De Sanctis

Le prime testimonianze documentate del borgo di Lettomanoppello risalgono al XIII secolo, quando era noto come Terra Lecti Prope Manoppellum a sottolineare il suo legame con la contea di Manoppello. Ma la storia di questo luogo ha radici molto più antiche: un panetto di asfalto inciso d’epoca romana racconta di famiglie nobili che già in epoca remota sfruttavano le preziose miniere di bitume della Maiella, una produzione documentata fino agli anni Trenta del Novecento. Altra importante attività attestata a Lettomanoppello è l’arte della pietra: sin dal XVIII secolo la lavorazione della pietra locale – sia bianca che nera – ha dato vita a opere di straordinaria bellezza, plasmando l’attuale aspetto del centro storico. Tra i gioielli architettonici che testimoniano l’abilità artistica degli scalpellini vi è Palazzo De Sanctis, un’elegante casa palaziale custode di fascino e memoria.

Situato sul corso principale del paese, Palazzo De Sanctis risale presumibilmente al Settecento, epoca a cui appartiene la parte più antica dell’edificio e successivamente ampliato nell’Ottocento. Come accadeva spesso nell’architettura signorile del tempo, il palazzo si sviluppò su strutture preesistenti, adattandosi armoniosamente al
tessuto urbano senza alterarne l’identità. L’edilizia di questo periodo, influenzata dai modelli napoletani, prediligeva facciate movimentate da cornici marcapiano, balconi sporgenti e una studiata alternanza di volumi. Le paraste di ordine gigante sul prospetto principale del palazzo ne accentuano l’imponenza insieme al portale monumentale. Ma è varcando la soglia che si percepisce tutta l’eleganza degli spazi interni: un ampio scalone realizzato in pietra nera della Maiella accompagna lo sguardo verso l’alto, fino a raggiungere il grande lucernario.

Nonostante le ristrutturazioni e le inevitabili trasformazioni nel tempo, Palazzo De Sanctis mantiene intatto l’equilibrio tra raffinatezza e maestosità. Tra le sue stanze e sui suoi balconi si intrecciano le storie di uomini e donne, di una comunità dedita al
lavoro e al pensiero come dimostrano le vite di Giovanni De Sanctis e Augusto Pierantoni, due personalità di spicco legate al mondo del diritto e della politica nel XIX secolo che qui ebbero dimora.

Giovanni De Sanctis

Nato nel 1809 in una famiglia di prestigio e cultura, Giovanni De Sanctis crebbe sotto la guida della madre Maria Scurci e del padre Giacinto De Sanctis, uomo di grande autorità e carisma. La sua educazione fu solida e raffinata, ma ardente desiderio di giustizia lo portò presto a schierarsi al fianco dei liberali nei moti di
Penne del 1837 e in quelli dell’Aquila del 1841.
Trasferitosi a Chieti, si affermò come perito legista e il suo nome divenne sinonimo di integrità e determinazione, tanto che nel 1848 fu chiamato a guidare la milizia cittadina con il grado di capitano, opponendosi alle forze conservatrici che minacciavano la libertà e i diritti conquistati con tanta fatica. Nel 1860 rifiutò con fermezza la carica di prodittatore e preferì dedicarsi con passione alla Società Patriottica e alla Società degli Operai, due iniziative fondamentali per il progresso sociale ed economico della Regione.

Nel clima instabile del post-unità, il suo senso di responsabilità lo indusse a combattere il brigantaggio rivestendo il ruolo di Maggiore della Guardia Nazionale, dimostrando ancora una volta il suo coraggio. La sua battaglia più grande fu però contro l’ignoranza, i pregiudizi e la miseria: nel 1862 fu tra i promotori della nascita di quella che sarà la Cassa di Risparmio di Chieti e assunse il ruolo di vice presidente della Società Patriottica nell’Abruzzo Citeriore, spinto dalla volontà di promuovere il progresso civile e intellettuale della regione. Per tutta la sua vita, Giovanni De Sanctis si impegnò a favorire il benessere collettivo e a garantire a ogni individuo la propria crescita morale e culturale. Il suo operato non fu solo un contributo alla storia, ma un’eredità di valori oggi restituita alla memoria collettiva.

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Augusto Pierantoni

Nato a Chieti nel 1840, Augusto Pierantoni fu molto più di un semplice giurista e politico: fu un intellettuale appassionato, un pensatore capace di sfidare le convenzioni e di lasciare un segno profondo nella storia del diritto e della politica italiana e internazionale.
Fin da giovane, la sua determinazione si manifestò negli anni della formazione. Insofferente all’educazione imposta dagli Scolopi, rifiutò un sistema scolastico che considerava repressivo e scelse di proseguire gli studi con precettori privati. Il suo orizzonte culturale si allargò ulteriormente con il trasferimento a Napoli nel 1856,
dove entrò in contatto con ambienti progressisti e si avvicinò agli ideali del Risorgimento. Nel 1860 scelse di seguire Giuseppe Garibaldi, prendendo parte alla storica battaglia del Volturno. La sua dedizione agli ideali patriottici lo portò a essere impiegato presso la Dittatura e il Ministero della Pubblica Istruzione, segnando
l’inizio di una carriera brillante.
Qui intraprese gli studi giuridici e la pratica forense presso lo studio di Pasquale Stanislao Mancini, che divenne suo suocero sposando la sua figlia primogenita, Grazia Sofia, nel 1868. Quest’ultima si affermò come scrittrice di discreta fortuna e il loro villino romano divenne un vivace centro culturale, un punto d’incontro per
intellettuali, letterati e politici italiani e stranieri.
Parallelamente alla vita politica, Pierantoni si distinse nel campo del diritto. Professore di diritto internazionale e costituzionale, insegnò a Modena e poi a Napoli. Il suo nome è legato alla fondazione, nel 1873, dell’Institut de Droit International a Gand, un cenacolo di pensiero giuridico che pose le basi per il diritto internazionale moderno. Il suo impegno per la pace e l’arbitrato tra gli Stati gli valse la candidatura al Premio Nobel per la Pace nel 1904. La sua passione per la giustizia lo spinse anche nell’arena politica. Deputato per tre
legislature e poi Senatore dal 1883, fu un fermo sostenitore delle libertà civili e del progresso sociale, spesso assumendo posizioni audaci e controcorrente. Le sue pubblicazioni, che spaziavano dal diritto alla storia, testimoniavano una mente brillante e curiosa: ricordiamo il Trattato di diritto internazionale (1881), la Storia del diritto internazionale nel XIX secolo (1876) e numerosi saggi sull’abolizione della pena di morte e sulle riforme giuridiche.
Negli ultimi anni la sua attenzione si spostò anche sulla storia e sulla letteratura. Si spense a Roma il 12 marzo 1911, dopo aver dedicato una vita intera alla conoscenza, alla giustizia e al progresso.

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di Augusto Pierantoni

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Il presente capitolo è tratto dal volume Salotti e Rivoluzioni. Luoghi, incontri e forme della sociabilità nella costruzione della modernità di Franca De leonardis (Rubbettino editore, 2025).
Il saggio esplora gli spazi di sociabilità come luoghi di elaborazione intellettuale: salotti, caffè e circoli si configurano come autentici laboratori di idee, capaci di influenzare correnti artistiche, di pensiero e la nascita di una coscienza nazionale. Il rapporto tra sfera privata e spazio pubblico, memoria e trasformazioni sociali, rappresenta il filo conduttore del volume, che propone una lettura della sociabilità come elemento generativo della modernità e dell’identità collettiva. Particolare attenzione è rivolta all’Abruzzo, regione periferica ma non marginale, osservata attraverso la figura di Augusto Pierantoni che, formatosi nel milieu di Palazzo De Sanctis, testimonia come l’intreccio tra vicende biografiche, spazi familiari e circuiti intellettuali abbia inciso nell’elaborazione di una coscienza giuridica e politica sovranazionale.

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